Le coppie formate da madri lesbiche sono colpite da politiche che vogliono sottrarre loro i diritti legali sui figli. Un reportage fotografico ci racconta la loro realtà
C’è chi ha dovuto adottare i propri figli e chi, invece, è ancora in attesa della pronuncia delle Procure, in un via vai tra avvocati e tribunali. Altre, tirando un sospiro di sollievo, hanno conservato il diritto di genitrici soltanto perché – per puro caso – sono state «risparmiate» dalle famigerate buste verde acqua. La situazione delle famiglie italiane formate da due madri lesbiche è diventata improvvisamente caotica lo scorso anno, quando è arrivata la circolare del ministero dell’Interno che ha ordinato ai prefetti di interrompere le trascrizioni dei certificati dei figli nati da genitori dello stesso sesso. La misura, in certi casi, nelle province di Padova, Bergamo e Brescia, è stata applicata con effetto retroattivo.
Improvvisamente le madri non gestanti, quelle cioè che non hanno partorito i propri figli, ma li hanno immaginati e poi visti nascere e crescere, si sono viste strappare un diritto fondamentale, quello di essere madri come tutte le altre. Non possono andare legalmente a prendere i propri figli a scuola, accompagnarli in ospedale, viaggiare con loro o chiedere un congedo per quando sono malati. Se la loro compagna che ha portato avanti la gravidanza dovesse morire, non avrebbero alcun diritto legale sui propri figli.